domenica 6 maggio 2012

INDONESIA - SUMATRA, RICEVIMENTO KARO


I Karo sono una delle cinque etnie Batak che popolano il Nord dell'isola di Sumatra, una delle tremila presenti in tutto l'arcipelago indonesiano. Sono per il 90% di religione protestante - importata dal colonialismo olandese - e conservano tradizioni di antica data. Sono gli unici, in tutta l'Indonesia, a possedere gli ‘uomini-medicina’, specie di dottori che curano gratuitamente chiunque ne faccia richiesta. Gli ‘uomini-medicina’ utilizzano le più svariate ricette per ricavare i loro unguenti naturali. Un elemento comune, che è alla base di tutti i loro farmaci, è l'Uruk Benga, un uccello in via d'estinzione - proprio a causa della sua utilità -, necessario, dicono, a ricongiungere le ossa spezzate. È questo un animale singolare, in quanto se gli vengono rotte le ossa, è in grado di ricominciare a volare in un paio di giorni. L'uccello viene solitamente cotto, tutto intero, nell'olio, e ciò che ne rimane è utilizzato come farmaco. Il governo indonesiano sta studiando un piano per difenderlo dall'estinzione, con scarso successo.
I Karo, però, non sono noti solo per gli ‘uomini-medicina’. Essi hanno anche la peculiarità di organizzare fastosissimi ricevimenti nel periodo che precede il matrimonio. Prima di congiungersi, ogni coppia che si rispetti deve tenere una grande festa, a cui partecipano centinaia di persone. Il ricevimento è frutto di anni di preparazione, nel corso dei quali si lavora duramente per mettere da parte il denaro necessario a coprire le molte spese, e poter manifestare, così, il prestigio delle due famiglie. Una volta raccolta la somma, si preparano i costumi e si spediscono gli inviti a tutti i conoscenti nei villaggi vicini e, verso le dieci del mattino del giorno stabilito, inizia la grande kermesse.







Il luogo di ritrovo è una grande tettoia che può ospitare, sedute, più o meno cinquecento persone. Alla mattina presto, o addirittura il giorno prima, il lavoro attorno al capannone è intenso. Si tagliano a fette enormi pezzi di carne di maiale, si preparano veri e propri bidoni (usati in origine per il kerosene) di riso, si pulisce e si ricopre di tappeti il pavimento, utilizzato nelle altre occasioni come piazza principale del villaggio, in cui incontrarsi, giocare a pallone, tenere il mercato. Le donne si occupano della pulizia del locale e preparano centinaia di stoviglie; gli uomini pensano alla cucina. Improvvisamente un annunciatore/coordinatore inizia a impartire ordini ai presenti, urlando a squarciagola in un microfono o in un altoparlante, aggirandosi nervosamente per il piazzale, predisponendo tutto l'occorrente per la buona riuscita della festa: «Un tappeto va messo per il lungo anziché per il largo, quel cane si sta mangiando la carne per gli invitati, prendetelo a calci!». L'annunciatore, che parlerà instancabilmente durante tutto il ricevimento, è una delle tre figure ricorrenti della cerimonia Karo, l'Anak Beru: è il principale responsabile della riuscita della festa, e appartiene alla famiglia dello sposo: è, di solito, il fratello (tutti, in Indonesia, hanno almeno un fratello o una sorella). Alle sue dipendenze, per eseguire gli ordini, l'Anak Beru ha un folto gruppo di aiutanti, i Menteri.
Incominciano ad arrivare, ammassate nei bemo - specie di Ape-car usate come taxi -, le famiglie degli sposi, rigorosamente separate all'interno del piazzale. Sotto l'ala sinistra si siedono i parenti dello sposo, a destra quelli della sposa. Una rappresentanza di entrambe le famiglie si dispone in piedi lungo l'entrata principale del capannone. Iniziano così eterni stringimani a tutti gli invitati che, lentamente, arrivano a frotte e si accalcano sotto la tettoia, divisi in gruppi, a seconda della sottotribù Karo di appartenenza.







I parenti degli sposi indossano costumi coloratissimi. Le donne hanno un enorme cappello (tudung), unico nel genere al mondo, che tengono chiuso con spille da balia; gli uomini, sopra alla giacca e i pantaloni 'buoni', 'da festa', portano un sarong, abito tradizionale indonesiano, intrecciato da fili dorati.
Tutti gli invitati e gli appartenenti alla famiglia dello sposo devono fare, all'entrata, lunghissime riverenze e felicitazioni ai diversi Puang Kalimbubu, seconda figura caratteristica del ricevimento, la più importante fra tutte. I Kalimbubu appartengono alla famiglia della sposa, e vanno rispettati quasi come dèi lungo tutta la durata della festa. Costoro, tuttavia, non sono obbligati a fare altrettanto con la famiglia dello sposo, considerata inferiore.
L'ultima figura ricorrente della cerimonia è il Senina, generalmente il cugino della sposa, il quale ha la stessa importanza dello sposo. Questa divisione di ruoli - che viene utilizzata anche in occasione dei funerali - deriva dal sistema patriarcale dei Karo, ed è piuttosto democratico, in quanto permette alle persone di cambiarsi di ruolo da una festa all'altra: chi è Anak Beru durante un ricevimento, in quello successivo potrà essere Kalimbubu, e viceversa. Tutti, dunque, possono essere, almeno per una volta, 'importanti' come il Kalimbubu.
Finalmente arrivano i futuri sposi, con un lungo seguito di parenti più o meno stretti. Gli stringimani si moltiplicano, e i due vengono fatti accomodare al centro della sala. L'annunciatore parla a voce sempre più alta, e il volume dell'altoparlante, quasi al massimo, fa piangere i bambini più piccoli.





Da questo momento in poi continueranno nel corso di tutta la mattinata discorsi interminabili, prolusioni commemorative a non finire, lunghe e noiose, tenute un po' da chiunque: amici, parenti, anziani saggi. Ogni tanto alle parole si alternano canti lamentosi e stonati e, nelle feste più imponenti, si ascolta anche musica, e tutti ballano, mentre l'Anak Beru parla della felicità futura degli sposi e inventa nuovi ordini da impartire ai lavoranti.
Durante il ricevimento, presso appositi banchetti, vengono raccolte donazioni in denaro per gli sposi: nessuno, fra gli invitati, si esime dall'offrire almeno una piccola cifra. I nomi degli innumerevoli donatori e la relativa somma versata sono accuratamente annotati su lunghissimi elenchi e, a fine giornata, l'ammontare sarà piuttosto elevato. Oltre al denaro, i parenti stretti fanno regali in natura: riso, sarong, e due grandi materassi nuovi, ancora avvolti nel cellofan, portati fino al luogo di ritrovo arrotolati sulla testa delle donne.
I discorsi ora si trasformano in ammonizioni per il futuro, e i due promessi sposi ascoltano in silenzio, con aria assorta. Vengono quindi avvolti da un'anziana del villaggio in un enorme sarong e, se già hanno dei bambini, alle femmine sono infilati i primi orecchini. È quasi normale avere da tempo dei figli, dal momento che la coppia convive già da un lungo periodo, durante il quale non ci si è sposati perché la somma necessaria per organizzare il ricevimento non era ancora stata raccolta.
L'Anak Beru non ne può più di parlare, guarda impaziente l'orologio e ormai non sa cosa inventare: parlare in continuazione, per ore ed ore, e dire sempre qualcosa di sensato non è facile.
Ora le raccomandazioni sembrano finite, e lo sposo ringrazia timidamente al microfono, pronunciando un breve discorso, l'ennesimo, a voce bassa. Un'altra anziana lancia goffamente nell'aria alcune manciate di riso, contro gli invitati, quindi, finalmente, arriva il momento più importante del ricevimento, da tutti atteso con ansia: il pranzo. Giganteschi pentoloni di riso, assieme a secchi (veri e propri) di carni con litri di sughi, vengono portati sul piazzale, e i Menteri riempiono le centinaia di piatti che distribuiscono, attraverso lunghe catene umane, a tutti gli invitati.




Il piatto di base è riso con fagioli, carne e vegetali; ma i Kalimbubu e gli ospiti d'onore - come qualche raro visitatore straniero - hanno diritto a una prelibatezza in più: le terites, il bolo non ancora digerito dalla vacca al momento della macellazione. Appena estratto ha colore e puzzo di un escremento, ma, una volta cotto, si riesce a mandare giù. Per i Karo questo piatto è una squisitezza, e gli ospiti 'd'onore' non possono fare a meno di mangiarlo, per buona educazione. Prima di gustare il pranzo, però, tutti devono pregare, a occhi chiusi: per pochi secondi la sala, dopo ore di baccano come sottofondo, cade in un silenzio profondo, interrotto solamente dai bambini che piangono. I meno religiosi e i più affamati, con poco rispetto, non attendono che la preghiera sia terminata, e assaggiano le prime boccate di cibo, quasi di nascosto.
Dopo l'amen finale, esplode un'abbuffata generale, frenetica e rapidissima. Le posate sono costituite dalle mani - come in molte parti dell'Indonesia - e i pochi visitatori stranieri, non abituati a consumare il cibo in questa maniera, impiegano il triplo di un Karo per terminare il proprio piatto. Sembra quasi che molti invitati siano venuti al ricevimento esclusivamente per abbuffarsi, vista la loro voracità, ma non può essere così, dal momento che ognuno ha versato una cifra ben superiore al costo del cibo.
Le donne masticano in continuazione foglie di betel, che colora la bocca di rosso e ne accelera la salivazione. Radunate in circoli sotto la tettoia, raccolgono le grandi quantità di sputo rossastro in barattoli riciclati di latte condensato, andandoli a svuotare, ogni tanto, fuori dalla recinzione del piazzale.
Non appena tutti sono satolli, la festa, improvvisamente, si spegne. In pochi minuti l'annunciatore saluta per l'ultima volta, riavvolge il filo del microfono, e ognuno se ne torna alle proprie abitazioni, negli altri villaggi. Come lentamente il ricevimento si è protratto lungo tutta la mattinata, ora, in un istante, tutto finisce, la magia del luogo scompare, e non rimane altro che un po' di amaro in bocca (dovuto probabilmente alle terites), oltre, ovviamente, allo stomaco strapieno.

Pubblicato su Tutto Turismo



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